È una delle sostanze fondamentali per il benessere del nostro organismo, tuttavia, molto spesso ne siamo carenti senza rendercene conto.
La vitamina D è una molecola liposolubile, ovvero dall’aspetto simile all’olio, che viene sintetizzata nel nostro organismo attraverso il fegato. La sua scoperta avvenne nel 1919 grazie al dottor Kurt Huldschinsky, che notò una progressiva guarigione dei bambini affetti da rachitismo dopo essere stati esposti alla luce ultravioletta. Nel corso dei decenni, grazie a numerosi studi da parte di scienziati provenienti da tutto il mondo, è stato sempre più evidente l’utilità dell’intervento dei raggi del sole per il nostro corpo.
In realtà sono state identificate varie tipologie di tale molecola, ma quelle più importanti e fondamentali sono la vitamina D3, chiamata anche colecalciferolo, presente in tutti gli organismi animali, e la D2, anche detta ergocolecalciferolo, che ha origine dai vegetali.
Ma a cosa serve, e in che modo è possibile accumularla? In questo articolo proveremo a spiegarvi il suo valore, come assumerla, quali sono i rischi di una carenza di vitamina D, i sintomi e i cibi in cui è contenuta.
Vitamina D: dove si trova?
Come abbiamo già accennato, esistono due tipologie di sostanze: entrambe sono fondamentali, tuttavia, si ritiene che il colecalciferolo sia assorbito più velocemente e in quantità maggiori dall’organismo. Ciò è dovuto al fatto che è possibile reperirlo in molti cibi di origine animale, come per esempio la carne, il pesce, le uova, il latte e in generale i prodotti caseari.
Ciò potrebbe essere un problema per le persone che hanno scelto di intraprendere una dieta vegetariana o vegana, costretti talvolta a ricorrere all’utilizzo di integratori di vitamina D per compensare la mancanza. Infatti, l’ergocolecalciferolo si trova nei vegetali, come per esempio i funghi, ma non è presente nella frutta e nella maggior parte della verdura.
I cibi con una maggiore concentrazione di molecola sono il pesce e la carne: l’olio di fegato di merluzzo per esempio, uno degli alimenti più odiati dai bambini degli anni ’60 e ‘70, poiché costretti a ingerirne un cucchiaio al giorno. Anche le interiora di manzo ne sono ricche, così come il salmone, le sardine e il tuorlo dell’uovo.
In alcune nazioni è possibile acquistare dei prodotti specifici a cui è stata aggiunta una dose di vitamina D: un esempio sono le bevande a base di soia, cocco, o riso, oppure il succo d’arancia fortificato. Il cibo però da solo non basta, poiché buona parte della sostanza viene espulsa, per questo motivo si ritiene indispensabile l’esposizione al sole durante l’estate.
I raggi infatti, attivano dei recettori sulla pelle in grado di assorbirla e sintetizzarla al meglio, in modo tale che il nostro organismo sia in grado di accumularla per far fronte all’inverno.
Secondo L’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli uomini e le donne che rientrano in una fascia d’età che va dai 18 e i 50 anni, dovrebbero assumere giornalmente 200 UI di vitamina D, per poi aumentare a 400 o a 600 UI con l’avanzare del tempo. Per quanto riguarda i bambini in fase di crescita invece la dose massima è di 400 UI, tuttavia, prima dell’assunzione di un supplemento alimentare, è preferibile il consulto del medico pediatra.
A cosa serve la vitamina D?
Il gruppo vitaminico D svolge un ruolo fondamentale per il benessere psicofisico del nostro organismo, poiché è incaricato di sintetizzare e regolare la quantità di calcio nelle ossa. Infatti, assumere alimenti a base di tale elemento ma avere un valore di colecalciferolo basso rende il processo totalmente inutile, poiché senza il primo sarà impossibile metabolizzare l’altro.
Si tratta di un minerale essenziale allo sviluppo del fisico, soprattutto in fase di crescita, poiché è necessario per mantenere in forma la struttura ossea. Tuttavia, il calcio non è importante solo per il sistema scheletrico, ma è indispensabile anche per la salute dei denti.
Quali sono i sintomi da carenza di vitamina D?
Seguire un’alimentazione varia ed equilibrata a base di tutte le proteine sia animali, sia vegetali, svolgere attività fisica ed esporre braccia e gambe al sole durante l’estate può garantire una buona dose di colecalciferolo. Tuttavia, per capire se la vitamina D è bassa è necessario sottoporsi ad alcune analisi in grado di dimostrare la quantità di sostanza accumulata nell’organismo.
Un esame specifico è chiamato densitometria ossea: viene effettuata una lastra al femore o al braccio per constatare la consistenza del calcio. Una mancanza di vitamina D infatti, può provocare l’indebolimento del sistema scheletrico, che a lungo andare causerà osteoporosi e fratture. Per conoscere la quantità di colecalciferolo invece, basterà chiedere al proprio medico di inserire il valore specifico chiamato D-250H nella richiesta per le analisi del sangue di routine.
I principali sintomi riscontrati sono, senza dubbio, l’indebolimento della struttura ossea, che si manifesta con una maggiore predisposizione alle fratture. Inoltre, si possono presentare tremori, dolori articolari frequenti, spossatezza, formicolio, sudorazione eccessiva alle mani e ai piedi, ma anche depressione e propensione all’irritabilità.
In base a dei recenti studi è stata riscontrata un’associazione tra la carenza di vitamina d e la tiroide: si tratta di un organo con un ruolo fondamentale per il benessere psicofisico, poiché regolatore di alcuni ormoni molto importanti, come il Th1 e Th2, in grado di gestire la quantità di serotonina, aumentare o diminuire l’appetito e velocizzare o meno il metabolismo.
Tuttavia, se il colecalciferolo è in deficit, è possibile che la tiroide non funzioni correttamente. Non è un caso infatti che la maggior parte delle persone affette da patologie autoimmuni, come l’ipotiroidismo o la malattia di Hashimoto, abbiano un livello di vitamina D molto basso. Tale condizione inoltre, può esporre con più facilità l’organismo all’attacco di agenti patogeni, virus e batteri.
La carenza vitamina d e i sintomi neurologici come per esempio depressione, irritabilità, difficoltà di ragionamento, possono essere collegati tra loro. In una situazione del genere è necessario sottoporsi immediatamente a una cura ricostituente, poiché potrebbe diventare molto rischioso per il proprio organismo. È stato purtroppo dimostrato che dei valori di vitamina D molto bassi possano contribuire all’insorgenza di alcune malattie del sistema nervoso centrale, come l’alzheimer, il morbo di Parkinson e persino la sclerosi multipla, peggiorandone anche gli effetti.
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